domenica 20 gennaio 2013

Appunti su Raymond Carver

Raymond Carver (1938-1988) è stato uno scrittore e poeta americano. Come capita spesso a coloro che rientrano nella voce "scrittori e poeti americani", la sua vicenda biografica non è stata delle più felici, a causa di lavori precari e problemi con l'alcol. Ma, come molti di coloro che rientrano in quella voce, si è riscattato con la scrittura.
Stilisticamente lo si può considerare come il punto di raccordo fra i maestri di short stories (come Sherwood Anderson, Ernest Hemingway, John Cheever) e gli eterogenei minimalisti che a lui si sono ispirati (come Jay McInerney, David Leavitt, Amy Hempel).
Quando gli è stato diagnosticato il cancro (1987), decise di raccogliere tutti i suoi migliori racconti e di pubblicarli, insieme a sette inediti, in una sorta di greatest hits, uscito nel 1988: Where I'm Calling From (Da dove sto chiamando, Einaudi ne ha pubblicato una nuova edizione nel 2010).
Qua sotto ho raggruppato i miei appunti e le mie considerazioni su quest'ultima raccolta, scritti in itinere durante la lettura. Sembrano sterili e forse freddi, ma spero diano un quadro completo e possano essere spunto di analisi.




Quota 5 racconti

Nei racconti di Carver non accade nulla di spettacolare. L'intreccio è assente: vi sono pochi antefatti e sviluppi delle vicende. I racconti sembrano fotografie della realtà quotidiana, sembrano istantanee. Si entra e si esce dalla vicenda in medias res. Proprio quando crediamo di entrare nel vivo della storia, quando crediamo di aver capito da quale episodio si svilupperà l'intreccio, ecco che la storia finisce com'è iniziata, in modo banale, con un comunissimo gesto come accostare una porta, oppure preparare un gelato e batterlo in cassa. La maestria dell'autore sta nell'alludere ad uno sviluppo della vicenda, che comincia a formarsi nella nostra testa in base alle nostre fantasie e alle nostre aspettative, per poi lasciarci spiazzati con una brusca interruzione. I personaggi sono tutti tratti dalla vita quotidiana. Il punto di vista narrante è spesso quello di un bambino, oppure di un genitore con bambini piccoli. La vita famigliare è molto presente. Alcuni personaggi li si può considerare bizzarri, ma sono spesso semplici lavoratori americani della classe media o medio-bassa di provincia. Tutto è talmente normale che si prova una sensazione di impellente anormalità.

Quota 10 racconti

Si nota con una certa frequenza che molti racconti sono incentrati sul rapporto di coppia, e non solo, anche sul rapporto fra coppie. Credo che sia un caratteristica tutta americana, quella di essere competitivi nel rapporto di coppia, nel voler dimostrare di saper vivere degnamente, perfettamente, rispetto alle altre coppie. Sembra che Carver voglia satireggiare l'irrazionalità di questa competizione, poiché negli americani è insita l'idea di perfezione, la presunzione di essere d'esempio agli altri, ma se si cerca ossessivamente di raggiungere questo risultato, spesso si ottiene l'effetto contrario, spesso si creano situazioni ridicole, disperate. Ecco cosa Carver racconta quando parla di coppie. Nei racconti Vicini e Provi a mettersi nei miei panni troviamo il tema della violazione del domicilio altrui, presentato quasi come una perversione: entrare in casa d'altri, violare la roba d'altri, violare l'intimità dei proprietari durante la loro assenza. Nei racconti non emerge una vera ragione per violare il domicilio altrui, ma viene rappresentato per il semplice fatto d'essere una trasgressione, per infrangere un tabù.

Quota 26 racconti

La dipendenza dall'alcol è una costante nei personaggi di questi racconti. Alcolizzati cronici (spesso affiancati da mogli o compagne), alcuni coscienti di esserlo, altri meno, altri ancora in terapia per uscire dalla dipendenza, come il racconto che dà il titolo alla raccolta. Su questo tema l'autobiografismo è imperante (la dipendenza dall'alcol e suoi drastici effetti hanno accompagnato Carver per tutta la vita).
Carver gioca con le inversioni temporali. Racconta una vicenda, e più avanti ne racconta un'altra che è l'antefatto della precedente. O forse è solo un pretesto per collegare due vicende. Molto spesso, infatti, vicenda e antefatto (in quest'ordine) non sono separate da nessuno spazio bianco, da nessun capoverso. In due brevissime frasi Carver cambia scena, e racconta un'altra vicenda. Solo alla fine afferma che questa è il preludio di un episodio raccontato qualche pagina prima.

Quota 28 racconti

I personaggi sono spesso solitari, reduci di situazioni emotive instabili, e fanno fatica a ritrovare armonia e una socialità ideale. Alcuni racconti sono costruiti sui drammi psicologici del protagonista. In Febbre, Carlyle, un insegnante di storia dell'arte al liceo, viene abbandonato dalla moglie, che scappa improvvisamente lasciandolo con i due figli piccoli. Il suo problema è trovare loro una baby sitter. La moglie, nonostante se ne sia andata e stia con un altro uomo, rimane una presenza ossessionante e destabilizzante nella vita di lui. Lo chiama spesso al telefono per tormentarlo, dando segni di insanità. Anche lui ha un'amante, eppure continua ad essere profondamente infelice: niente sembra dargli la serenità necessaria quanto una buona baby sitter per i piccoli. Quando finalmente la trova, questa sarà costretta a licenziarsi dopo neanche un anno, perché si deve trasferire in un altro stato. Carlyle si ritrova al punto di partenza.
Questo è un altro tema tipico della raccolta: si parte da una situazione di squilibrio e disarmonia per arrivare ad una situazione amena, che si dimostra effimera.


Quota 32 racconti

Le singole azioni, i movimenti minimi di un personaggio, sono scanditi da dettagli insignificanti, a cui Carver dedica particolare attenzione. Si possono trovare tantissimi esempi, come in Scatole, “Io do una sciacquata ai bicchieri di plastica. Poi servo il caffè, scavalchiamo una scatola con su scritto 'ninnoli' e andiamo a berlo in soggiorno”. Oppure in Chiunque abbia usato questo letto, “Iris agita i capelli e si accende un'altra sigaretta. Il fumo vaga lentamente per la stanza. Una voluta vaga verso la finestra aperta. Una pioggerella leggera comincia a battere sulla veranda fuori dalla finestra. Suona la sveglia; allungo una mano e la zittisco”. Proprio perché i racconti di Carver sono per la maggior parte privi di intreccio, anche i minimi particolari acquistano rilevanza. Arricchiscono la scena, ma soprattutto la suggestione: un racconto privo di trama non può che vivere di forti suggestioni. I dettagli vengono scanditi come fotogrammi, in frasi brevi. Il secondo esempio sembra la descrizione di una cinepresa che indugia sui dettagli all'apertura di una scena. Potremmo definirla una prosa filmica.

Quota 37 racconti (fine della raccolta)


Negli ultimi sette racconti inediti (scritti negli ultimi anni di vita), e negli ultimi tre che precedono gli inediti, troviamo alcune differenze sostanziali con il resto della raccolta. La prosa è meno sincopata e più descrittiva, e anche più introversa. Il finale di questi racconti è più pregnante, e mette realmente un punto alla storia, a differenza dei racconti precedenti, in cui il finale lasciava la storia in sospeso. Negli ultimi racconti la figura dell'uomo che riceve una paga misera, e deve mantenere un'eventuale ex moglie, o la madre anziana, o i figli studenti/lavoratori, e della sua difficile sopportazione di questa situazione precaria, si fa più presente e pressante. Questo tipo di protagonista è spesso asociale, e allo stesso tempo si riconosce condannato ad un triste destino comune. Questa concezione avvicina alcuni personaggi di Carver ad altri di Bukowski, soprattutto quando i protagonisti sfogano la loro saggezza esistenziale, che altro non è se non amara rassegnazione. Ne abbiamo un esempio in “Menudo”: “Sono ridotto a zero. E devo andare avanti così. Senza destino. Solo la prossima cosa che mi capita, e che significa qualsiasi cosa pensi che significhi. Mi tocca andare avanti per impulsi ed errori, come tutti, del resto”. E qualche rigo più sotto: “Così succede alla gente quando comincia ad essere irrequieta: s'infilano in una storia, fiduciosi che quella cambierà finalmente le cose. Mi viene voglia di uscire fuori e mettermi a gridare: 'Niente di tutto questo vale la pena!' Ecco cosa vorrei che la gente sentisse”. La raccolta, voluta da Carver quando gli è stato diagnosticato il cancro, si conclude con il racconto da lui scritto prima di morire, L'incarico, in cui viene descritta l'agonia di Checov e la sua morte, e quindi di quando Checov scrisse l'ultimo dramma prima di morire. Un meta-ultimo-racconto.


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