sabato 16 marzo 2013

Qual'è lo scrittore buono?


Marco Rossari - L'unico scrittore buono
è quello morto (edizioni e/o, 2012)
L'unico scrittore buono è quello morto è un libro che scoraggia gli aspiranti scrittori (il titolo dovrebbe aiutare). L'ironia dissacrante che domina tutti i racconti, raccontini, aforismi e appunti che compongono l'opera, pare indirizzata al disincanto del bel mondo della letteratura. Sembra scritto apposta per chi da poco si è approcciato alla lettura massiccia di narrativa, e si cimenta nella creazione di una qualche forma scritta che appaia letteraria. Molti protagonisti di questo libro sono, infatti, sedicenti scrittori in cerca di editori, o alle prese con la chimera editoriale. Nei racconti, sempre retti da un impianto assurdo, il rapporto con la lettura, la scrittura, la fantasia e la vena creativa viene esasperato, spesso banalizzato, altre volte esorcizzato. Le uniche scelte possibili alla fine sembrano essere tre: la pazzia, la morte, la rinuncia alla scrittura.
In un racconto (qui parzialmente interpretato dallo stesso Rossari), un bancario teneva in serbo la sua mastodontica opera da mille pagine, senza mai averla proposta ad un editore. Quando decide di metterci mano per migliorarla, applica tagli talmente drastici da ridurla ad una sola parola. Al disincanto contribuiscono anche quei racconti i cui protagonisti sono grandi autori classici, ridotti a delle macchiette che devono cavarsela nel mondo contemporaneo. Ecco che vediamo Tostoj in un programma radiofonico, Dante che viene castigato dagli editor per le sue scelte linguistiche, Joyce che nonostante non riesca a trovare un editore continua a sperimentare, Shakespeare che viene condannato per plagio. Se non sono protagonisti, i classici stanno sullo sfondo, con continui riferimenti a opere e personaggi, come il racconto ambientato a Kafkania. L'autore (oltre ad essere traduttore) è anche un noto performer di poetry slam, contesto che ritroviamo in un racconto fra i più divertenti. E per chi fosse ancora mosso da qualche romantica utopia beat, ecco servito il racconto di un giornalista amante di Kerouac che viene mandato a San Francisco per avere lo scoop sul misterioso primo manoscritto di On the road. Viaggio che si trasforma in un soggiorno allucinato all'insegna della parodia.
In questo romanzo, difficile da definire nella sua forma, lo scrittore non vuole fare semplice sfoggio della propria conoscenza letteraria, e ironia sottile, per ridurre la letteratura ad una scellerata pantomima. E' semmai un ritratto paradossale, con un fondo veritiero, degli “addetti ai lavori”, ma anche un monito per la perdita di credibilità della letteratura agli occhi dei veri profani. Insomma, un invito a non prendersi troppo sul serio, per non rischiare di perdersi nel mondo delle parole fatue. Dedicato ai lettori accaniti, che non potranno non divertirsi e non trovarlo ben costruito. Ah, e ovviamente agli scrittori (vivi).

Marco Rossari tiene anche un sito, in cui promuove libri, recensioni e articoli che più lo aggradano.

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