venerdì 1 febbraio 2013

Un Huxley poco rieditato (Foglie secche)


Foglie secche - Aldous Huxley (1925)





Non è da tutti avere il privilegio di entrare nella dimora della signora Lilian Aldwinkle, un'antica villa barocca, appartenuta ai Malaspina, nel cuore delle campagne toscane. Il cuore verde della Toscana è il luogo ameno attraverso cui le persone arrivano e se ne vanno in villa Cybo-Malaspina. Solo se siete intellettuali raffinati, o conoscitori ed estimatori dell'arte e della letteratura, o direttamente artisti, potete entrare nelle grazie della signora Aldwinkle, e magari farvi anche corteggiare da lei.
In questo bizzarro contesto, Huxley fa sfoggio della straordinaria erudizione sull'Italia - in cui ha vissuto - per bocca della classe aristocratica e alto-borghese che realmente frequentò. Il romanzo è diviso in blocchi, ma nonostante la struttura sia frammentaria, non è difficile seguire il flusso degli eventi che coinvolge i vari personaggi. Non c'è un protagonista, ma le vicende vengono affrontate dal punto di vista dei diversi personaggi. In alcune scene tipiche da salotto primo-novecentesco, con tono pedante e talvolta saccente, un personaggio prende la parola per dire la propria su ogni tipo di argomento, sia esso artistico o mondano. E' indubbia la profondità di alcune tesi e interpretazioni letterarie esposte dai protagonisti, e sembra che in alcuni casi Huxley abbia usato i suoi personaggi per fare un tributo alla tradizione poetica inglese, da Shakespeare ai romantici come Wordsworth. Immancabili i riferimenti a Byron e Shelley, i romantici maledetti per eccellenza, che sostarono in Toscana - il secondo fino alla morte. Nonostante l'arte e la letteratura siano il motivo e lo sfondo della vita di questi personaggi, nonché il metro di valutazione del prossimo, vi è un chiaro intento di denudare tutte le ipocrisie e le frivolezze, nascoste dietro questa facciata raffinata dei personaggi. Si ha la sensazione che in questa villa ci siano sempre motivi per affannarsi, ma si scopre che non c'è altra occupazione se non quella di godere dei servizi che questa offre: seguire la padrona che fa da guida per l'immensa struttura, intrattenere gli ospiti e dedicarsi a piccoli passatempi. Eppure l'aria è spesso malinconica e tesa, non di rado qualcuno rompe la regola del buonsenso, lasciandosi sfuggire qualche frecciatina o espressione di disappunto, da cui nascono effimeri dibattiti. Pur avendo concretamente poco da fare, vediamo che ogni personaggio è frustrato da un profondo dramma personale, che è quello di non sapersi adattare alla vita. E' una sorta di alienazione, a cui non si riesce a dare una spiegazione razionale. I protagonisti, pervasi dal cinismo, rifiutano ogni tipo dogma, e non riescono a essere spensierati, perché ogni puro piacere risulta basso e selvaggio, volgare (appartenente al vulgus). Anche l'amore, pur visto e vissuto in maniera diversa da ogni protagonista, non sfugge al cinismo.
Aldous Huxley - Foglie secche 
(Oscar Mondadori, 1971)
Il linguaggio è magniloquente, sia della voce narrante che dei personaggi. Le descrizioni danno la sensazione di un affresco bucolico, ma subito si viene proiettati in una discussione spinosa che dissipa ogni tranquillità, alla maniera di Huxley. A molti potrà sembrare un libro per eruditi, sia per i temi affrontati che per la quantità di lingue usate. Numerosi i termini italiani (segnalati dal traduttore), ma non è raro trovare anche ispanismi ed espressioni francesi. Come spesso capita nei libri di Huxley, il romanzo è disseminato di varie argomentazioni che costringono a riflettere sulla visione universale, del destino del mondo, e intima, del destino dell'uomo. Quanto conosciamo davvero noi stessi? Siamo sicuri che questa è la vita che avremmo voluto fare? Non facciamo altro che scegliere, quotidianamente, e cercare delle certezze. Ma potremmo mai essere sicuri? L'angoscia dello scorrere del tempo è manifesta in quest'opera, e neppure una cultura raffinata e una sterminata conoscenza possono impedire al tempo di fare ingiallire le foglie.

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