Contrabbasso,
trombe in contro-tempo, e poi il mood diventato un classico
della storia del jazz. Non ho
trovato aneddoti intriganti sulla composizione, basta ascoltarla.
I tunisini
suq per residenti |
Oltre ad essere svegli e prodigiosi con le lingue straniere, appunto.
Con i tunisini con cui ho comunicato non ho mai avuto veri problemi di comprensione, conoscevano italiano e inglese quanto bastava, e io da parte mia conoscevo il francese quanto bastava (a volte bastava l'intesa, senza parole). Sanno comunicare, e sanno come farsi capire. Hanno inoltre un notevole senso della comunità, amici e conoscenti si prestano alla cooperazione di chi necessita di aiuto, a prescindere dalla reale occupazione di ognuno, dal loro titolo di studio, dal loro ruolo sociale.
Uno di questi amici si trattenne a fare
quattro chiacchiere con noi, e dal suo inglese capii che era più che
istruito. Infatti studiava ingegneria. Chiese cosa studiassimo noi, e
notò un certo imbarazzo nel rispondere "materie umanistiche".
Aggiungemmo che sicuramente l'ingegneria gli sarebbe servita più
della letteratura. Invece la sua risposta fu talmente acuta da
spiazzarmi. Per lui, disse, ogni ambito di studi è una scienza con
le proprie funzioni. La letteratura, continuò, ha una sua struttura, è
scomponibile, e puoi giocare con le parole e i significati.
Per quanto opinabile possa essere
questa affermazione (da me condivisa), dimostrava un approccio molto
più maturo rispetto a quello di tanti miei conoscenti. Di seguito
chiese al turco se conoscesse qualche autore arabo, e il turco
dichiarò di essere un ammiratore di Abu Nuwas (poeta di origini persiane vissuto in età abbaside, VIII secolo d.C.), risposta che rese entusiasta il nostro
interlocutore.
Come in ogni grande città, i cittadini più
istruiti camminano, per strada, affianco agli svitati a piede libero. Ogni
giorno, a metà mattina, puntuali come un muezzin,
sentivo delle urla incomprensibili provenire dalla strada. Quando mi
affacciai dal balconcino vidi
un vecchio che passeggiava
ora sulla
strada, ora sul marciapiede,
e interpellava automobili e
passanti, farneticando ad alta voce, per poi proseguire. Continuando
pressapoco con questo
andazzo, faceva su e giù in
av. de La Liberté, per tutta la mattina.
Tiro alla fune
suq turistico |
Uno
dei tratti caratteristici dei paesi arabi (ma in generale di molti
paesi poveri) è la valorizzazione umana del ruolo del mercante. Da
noi, in occidente, la figura del mercante è tramontata ormai da decenni, e la si ritrova al massimo nei mercatini della
domenica. Ma anche in questi
casi, i “mercanti” sono spinti da fame, esasperazione ed
essenziale necessità, più che dalla tradizione.
Nei
paesi arabi è invece una figura rilevante nella vita
quotidiana. La loro
logica mercantizia
ci costringe ad un cambio
radicale di prospettiva. Nei
negozi moderni, infatti, il mercante non esiste. Il personale è
semplice intermediario del prezzo prestabilito dei prodotti, e
consulente delle caratteristiche di un prodotto. Svolge quindi un
ruolo meccanico, affinché la transizione del prodotto dal negozio
alla casa dell'acquirente avvenga in meno passaggi possibili. Questo
perché la logica di mercato dominante punta sulla quantità della
vendita. Il caro vecchio mercante, invece, punta sulla qualità della
vendita. Per lui il
valore pecuniario di un prodotto è solo indicativo, e oscilla
in una fascia di prezzo elastica. Quando chiedi il prezzo di un
prodotto, il mercante stabilisce il tetto massimo, che
l'acquirente dovrà cercare di dirottare verso la
cifra più bassa
possibile. Da qui inizia il tiro alla fune fra mercante e acquirente.
Il fine del mercante non è il rilascio di più prodotti possibili, è
cercare di guadagnare il più possibile dal singolo prodotto. Quello
dell'acquirente, di acquistare il prodotto al prezzo più basso
possibile. L'obiettivo non è lo smercio, è la contrattazione del
singolo prodotto. Ed è in questa contrattazione che i due
contendenti devono sfoderare abilità, pazienza e tenacia, ma
soprattutto esperienza (elemento che manca a chi proviene dai paesi occidentali). In questo
senso il mercante ha valore umano, perché infonde passione per
ogni singolo
suq turistico |
Questa logica di
mercato, da tempo superata nel mercato egemone, risponde al principio
di povertà, per cui venditore e compratore sono entrambi poveri, ed
entrambi devono perdere il meno possibile nella vendita/acquisto di
un prodotto: la contrattazione è una guerra (sana) fra poveri.
Ora,
non bisogna immaginare che a Tunisi abbia dovuto sputare sangue ogni
volta che tiravo fuori il portafogli. Anzi, ho contrattato una sola
volta in sette giorni. E non bisogna immaginare che la contrattazione
avvenga in ogni bancarella e per ogni prodotto. Se la logica della
contrattazione è rimasta in qualche bancarella, i principi sono di
molto cambiati. La vera contrattazione tradizionale, avviene fra autoctoni realmente poveri e
per determinati prodotti.
Invece, nei suq
turistici la logica si è
modernizzata ed adattata alle tasche dei turisti, ed è quella di
spillare loro più soldi possibile. Quando si cammina lungo il suq
turistico, i mercanti interpellano i passanti in modo persuasivo. Ormai conoscono a
grandi linee una larga
varietà di tratti somatici, e quando al tuo passaggio indovinano il
tuo (presunto) paese di provenienza e
azzardano qualche parola nella tua (presunta) lingua per
attirarti al negozio: “Ciao
amico!; Hola, español?;
Italiani?; Turkish?; Vieni qua, solo buoni prezzi; Sicilia? (per
intenditori); Bella Italia!;
Laura? Ciao Laura, vieni! (se in compagnia femminile); Come
stai?”.
Ma talvolta, se si
tratta di studenti stranieri residenti, qualche sana contrattazione è
ancora attuabile.
negozio nel suq turistico |
Check-out
Sidi-Bussaid, scorcio |
I cartelli bilingue in caratteri arabi
e in francese; il cerone sui visi delle ragazze (ma anche di molti
uomini!); guardare i telegiornali come fossero acquari (dal momento
che non capivo né quello che diceva l'annunciatore né le notizie
che scorrevano in caratteri arabi); le partite di calcio delle
squadre africane alla tv (ma i tunisini tifano per i campionati
europei); la loquacità o completo mutismo dei tassisti (l'abilità
di guidare sotto la pioggia con visibilità zero); le casette bianche
e blu di Sidi-Bussaid; l'arcobaleno sopra Cartagine; macchia mediterranea (mimose, ginepri, fichi
d'india) che ricorda la Sardegna; gli occhi bellissimi di una ragazza
dietro il niqab (velo che
lascia scoperti solo gli occhi)
in piazza della Vittoria, che
distoglieva lo sguardo dai miei, ma poi ci tornava (poi ho smesso io
per evitare di essere impertinente); il dolce (dolcissimo) preso da
un ambulante per strada, di
cui non so il nome, né di
cosa fosse fatto (buonissimo);
le sembianze ingannevoli
di acqua torbida del thé
alla menta; tutte le persone
che mi hanno accompagnato in
quei giorni.
Frammenti
sparsi si affollano
in mente mentre aspetto in aeroporto, il
luogo di nessuno.
“Il
principio che sostiene la metafora del caput Nili come
ricerca della conoscenza è che il viaggiare è un atto
potenzialmente sovversivo: ogni viaggio non può essere che la
negazione della precedente visione del mondo, come della sua
geografia fisica e umana. E' qui il valore del ritorno: tornare da
ogni viaggio con una ridefinizione e riorganizzazione dell'universo
conosciuto”.
(Domenico
Nucera, I viaggi e la letteratura,
p.133 in Letteratura comparata,
a cura di Armando Gnisci, Bruno Mondadori, Milano, 2002)
il turco |
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