sabato 19 aprile 2014

Cronache dalla laguna (note su Tunisi) pt.3

Contrabbasso, trombe in contro-tempo, e poi il mood diventato un classico della storia del jazz. Non ho trovato aneddoti intriganti sulla composizione, basta ascoltarla.

I tunisini

suq per residenti
 Durante la mia permanenza ho avuto modo di conoscere qualche ragazzo tunisino. Il padrone di casa del turco, infatti, mandava spesso suoi amici o conoscenti per svolgere lavori di manutenzione. Le grosse ditte evidentemente non hanno mercato perché, come ci disse un ragazzo che stava montando l'impianto del gas al cucinino: “Tunisians are versatile” (I tunisini sono versatili).
Oltre ad essere svegli e prodigiosi con le lingue straniere, appunto.
Con i tunisini con cui ho comunicato non ho mai avuto veri problemi di comprensione, conoscevano italiano e inglese quanto bastava, e io da parte mia conoscevo il francese quanto bastava (a volte bastava l'intesa, senza parole). Sanno comunicare, e sanno come farsi capire. Hanno inoltre un notevole senso della comunità, amici e conoscenti si prestano alla cooperazione di chi necessita di aiuto, a prescindere dalla reale occupazione di ognuno, dal loro titolo di studio, dal loro ruolo sociale.
Uno di questi amici si trattenne a fare quattro chiacchiere con noi, e dal suo inglese capii che era più che istruito. Infatti studiava ingegneria. Chiese cosa studiassimo noi, e notò un certo imbarazzo nel rispondere "materie umanistiche". Aggiungemmo che sicuramente l'ingegneria gli sarebbe servita più della letteratura. Invece la sua risposta fu talmente acuta da spiazzarmi. Per lui, disse, ogni ambito di studi è una scienza con le proprie funzioni. La letteratura, continuò, ha una sua struttura, è scomponibile, e puoi giocare con le parole e i significati.
Per quanto opinabile possa essere questa affermazione (da me condivisa), dimostrava un approccio molto più maturo rispetto a quello di tanti miei conoscenti. Di seguito chiese al turco se conoscesse qualche autore arabo, e il turco dichiarò di essere un ammiratore di Abu Nuwas (poeta di origini persiane vissuto in età abbaside, VIII secolo d.C.), risposta che rese entusiasta il nostro interlocutore.
Come in ogni grande città, i cittadini più istruiti camminano, per strada, affianco agli svitati a piede libero. Ogni giorno, a metà mattina, puntuali come un muezzin, sentivo delle urla incomprensibili provenire dalla strada. Quando mi affacciai dal balconcino vidi un vecchio che passeggiava ora sulla strada, ora sul marciapiede, e interpellava automobili e passanti, farneticando ad alta voce, per poi proseguire. Continuando pressapoco con questo andazzo, faceva su e giù in av. de La Liberté, per tutta la mattina.

Tiro alla fune

suq turistico
Uno dei tratti caratteristici dei paesi arabi (ma in generale di molti paesi poveri) è la valorizzazione umana del ruolo del mercante. Da noi, in occidente, la figura del mercante è tramontata ormai da decenni, e la si ritrova al massimo nei mercatini della domenica. Ma anche in questi casi, i “mercanti” sono spinti da fame, esasperazione ed essenziale necessità, più che dalla tradizione.
Nei paesi arabi è invece una figura rilevante nella vita quotidiana. La loro logica mercantizia ci costringe ad un cambio radicale di prospettiva. Nei negozi moderni, infatti, il mercante non esiste. Il personale è semplice intermediario del prezzo prestabilito dei prodotti, e consulente delle caratteristiche di un prodotto. Svolge quindi un ruolo meccanico, affinché la transizione del prodotto dal negozio alla casa dell'acquirente avvenga in meno passaggi possibili. Questo perché la logica di mercato dominante punta sulla quantità della vendita. Il caro vecchio mercante, invece, punta sulla qualità della vendita. Per lui il valore pecuniario di un prodotto è solo indicativo, e oscilla in una fascia di prezzo elastica. Quando chiedi il prezzo di un prodotto, il mercante stabilisce il tetto massimo, che l'acquirente dovrà cercare di dirottare verso la cifra più bassa possibile. Da qui inizia il tiro alla fune fra mercante e acquirente. Il fine del mercante non è il rilascio di più prodotti possibili, è cercare di guadagnare il più possibile dal singolo prodotto. Quello dell'acquirente, di acquistare il prodotto al prezzo più basso possibile. L'obiettivo non è lo smercio, è la contrattazione del singolo prodotto. Ed è in questa contrattazione che i due contendenti devono sfoderare abilità, pazienza e tenacia, ma soprattutto esperienza (elemento che manca a chi proviene dai paesi occidentali). In questo senso il mercante ha valore umano, perché infonde passione per ogni singolo
suq turistico
prodotto del suo negozio: ogni prodotto è prezioso per lui quanto per chi lo vuole acquistare, come se non se ne voglia liberare, se non a caro prezzo.
Questa logica di mercato, da tempo superata nel mercato egemone, risponde al principio di povertà, per cui venditore e compratore sono entrambi poveri, ed entrambi devono perdere il meno possibile nella vendita/acquisto di un prodotto: la contrattazione è una guerra (sana) fra poveri.
Ora, non bisogna immaginare che a Tunisi abbia dovuto sputare sangue ogni volta che tiravo fuori il portafogli. Anzi, ho contrattato una sola volta in sette giorni. E non bisogna immaginare che la contrattazione avvenga in ogni bancarella e per ogni prodotto. Se la logica della contrattazione è rimasta in qualche bancarella, i principi sono di molto cambiati. La vera contrattazione tradizionale, avviene fra autoctoni realmente poveri e per determinati prodotti. Invece, nei suq turistici la logica si è modernizzata ed adattata alle tasche dei turisti, ed è quella di spillare loro più soldi possibile. Quando si cammina lungo il suq turistico, i mercanti interpellano i passanti in modo persuasivo. Ormai conoscono a grandi linee una larga varietà di tratti somatici, e quando al tuo passaggio indovinano il tuo (presunto) paese di provenienza e azzardano qualche parola nella tua (presunta) lingua per attirarti al negozio: “Ciao amico!; Hola, español?; Italiani?; Turkish?; Vieni qua, solo buoni prezzi; Sicilia? (per intenditori); Bella Italia!; Laura? Ciao Laura, vieni! (se in compagnia femminile); Come stai?”.
Ma talvolta, se si tratta di studenti stranieri residenti, qualche sana contrattazione è ancora attuabile.
negozio nel suq turistico

Check-out

Sidi-Bussaid, scorcio
I cartelli bilingue in caratteri arabi e in francese; il cerone sui visi delle ragazze (ma anche di molti uomini!); guardare i telegiornali come fossero acquari (dal momento che non capivo né quello che diceva l'annunciatore né le notizie che scorrevano in caratteri arabi); le partite di calcio delle squadre africane alla tv (ma i tunisini tifano per i campionati europei); la loquacità o completo mutismo dei tassisti (l'abilità di guidare sotto la pioggia con visibilità zero); le casette bianche e blu di Sidi-Bussaid; l'arcobaleno sopra Cartagine; macchia mediterranea (mimose, ginepri, fichi d'india) che ricorda la Sardegna; gli occhi bellissimi di una ragazza dietro il niqab (velo che lascia scoperti solo gli occhi) in piazza della Vittoria, che distoglieva lo sguardo dai miei, ma poi ci tornava (poi ho smesso io per evitare di essere impertinente); il dolce (dolcissimo) preso da un ambulante per strada, di cui non so il nome, né di cosa fosse fatto (buonissimo); le sembianze ingannevoli di acqua torbida del thé alla menta; tutte le persone che mi hanno accompagnato in quei giorni.
Frammenti sparsi si affollano in mente mentre aspetto in aeroporto, il luogo di nessuno.


“Il principio che sostiene la metafora del caput Nili come ricerca della conoscenza è che il viaggiare è un atto potenzialmente sovversivo: ogni viaggio non può essere che la negazione della precedente visione del mondo, come della sua geografia fisica e umana. E' qui il valore del ritorno: tornare da ogni viaggio con una ridefinizione e riorganizzazione dell'universo conosciuto”.


(Domenico Nucera, I viaggi e la letteratura, p.133 in Letteratura comparata, a cura di Armando Gnisci, Bruno Mondadori, Milano, 2002)
il turco

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