venerdì 1 novembre 2013

John Fante: Lettere a Mencken 1930 - 1952

[...] Una cosa che ho imparato è che non sono intelligente. Una volta ero presuntuoso e pensavo che ciò fosse intelligenza. Non so come si faccia a ottenere l'intelligenza. Non leggendo e scrivendo; se fosse vero potrei modestamente rivendicare un certo acume. [...]
(lettera 49, John Fante, 14 agosto 1935)

Chiunque conosca, anche solo per aneddoti, la travagliata storia dello scrittore italo-americano JohnFante, troverebbe inestimabile questo epistolario: Sto sulla riva dell'acqua e sogno – Lettere a Mencken 1930-1952 (Fazi Editore, 2001). Henry Louis Mencken (critico letterario, giornalista, editorialista) è stato il mentore di Fante, nonché colui che lo ha introdotto nel panorama letterario americano, pubblicando alcuni suoi racconti sulla rivista che diresse fino al 1933, The American Mercury.
Dopo aver guadagnato la stima di Mencken grazie al suo potenziale, Fante incomincia, poco più che ventenne, a scambiare lettere con lui, chiedendogli consigli sullo scrivere, sulla politica, sugli agenti letterari, sulle donne, sulla filosofia, e instaurando un rapporto duraturo, che si evolverà nel tempo, fino alla morte di Mencken nel 1956.
A rendere straordinario questo scambio epistolare è l'epilogo ormai noto: Fante e Mencken non si incontrarono mai di persona.
Questo fatto, oltre a dare un'aura mitica al loro rapporto, dà la dimensione di quanto una persona possa influire tanto nella nostra vita, direttamente e indirettamente, senza averla mai vista.
Tutto inizia dall'ammirazione per qualcuno che sta “più in alto” di noi, che si trasforma presto in emulazione. Mencken aveva ventinove anni in più di Fante, ed era già un personaggio molto noto quando questi comincia ad adorarlo intorno ai vent'anni. Lo adora così tanto che la sua imitazione diventa maniacale. Fante vuole vestirsi come lui, pettinarsi come lui, pensare (per quanto possibile) come lui, leggere i libri che legge lui ecc.
John Fante 1909 - 1983
Nelle prime lettere è evidente l'immaturità dell'ingenuo scrittore che si rivolge al critico esperto, soprattutto nella forma: Fante è sboccato, prolisso, dispersivo; Mencken è controllato, conciso e serio, ma sempre disponibile. Nel corso dell'epistolario, invece, è possibile notare la progressiva maturità di Fante. Dirà, infatti, della sua emulazione di Mencken: “[...] La mia imitazione è andata oltre la ginnastica mentale e la conversazione. Si è estesa al fumare sigari, a mettersi scarpe alte, a pettinarsi coi capelli con la riga in mezzo e al fissare con un occhio chi parla. […] Ero stizzito perché non sapevo che tipo di dentifricio lei usasse; e passavo ore e ore ad apprendere certe espressioni menckeniane che trovavo sui giornali e sulle riviste. E tutto ciò era, mi rendo conto, più patetico che stupido, ma rappresentava un periodo di transizione attraverso cui sto ancora passando [...]” (J. Fante, lettera 31, 10 novembre 1933).
Fante ha vissuto lunghi periodi di povertà, e cercava di guadagnarsi da vivere con la scrittura. I racconti non bastavano certo a mantenerlo, ed i romanzi erano ancora acerbi, perciò scriveva sceneggiature ad Hollywood, consapevole di far parte di una macchina per soldi (erano gli anni d'oro dell'industria hollywoodiana), che non aiutava e non premiava la creatività: “[...] Hollywood è un postaccio. Uccide gli scrittori. Muoiono giovani, di morte violenta, quaggiù [...]” (J. Fante, lettera 55, 11 novembre 1936). Fante era ben cosciente di cosa servisse ad uno scrittore per avere successo: l'allenamento. Mencken è stato una sorta di coach che lo spronava a provare e riprovare, che ha anche rifiutato – sempre con garbo – molti lavori di Fante, spiegandogli cosa non lo convinceva, ma riservandogli sempre lo stesso consiglio: continuare a insistere. I consigli erano spesso pratici, riguardo a quante parole dovesse scrivere al mese, e a quanto materiale si dovesse scrivere per poi essere scartato. Ecco una risposta ad un racconto inviato da Fante.
“Caro signor Fante:
Talvolta fa bene liberarsi di questo genere di cose, anche se, mi pare ovvio, non è il caso di pubblicarle in una rivista. A parte questo, cosa sta combinando?
Sinceramente suo, H.L. Mencken” (lettera 24, 22 maggio 1933).
Oppure ancora, quando Fante gli manifesta la volontà di provare a pubblicare un romanzo: “[...] Consiglio sempre ai giovani autori di scartare i primi due o tre manoscritti. Molti uomini sono stati rovinati dall'essere pubblicati prematuramente. Dopo che lei avrà fatto due romanzi sarà in grado di comporne un terzo che sarà dieci volte migliore degli altri due [...]” (H.L. Mencken, lettera 40, 29 giugno 1934).
Henry Louis Mencken 1880 - 1956
Mencken rappresentò per Fante l'ideale di intellettuale anche per quanto riguarda la posizione politica. Mencken fu un personaggio spesso controverso, di stampo conservatore, molto critico nei confronti del proprio paese, e spesso al centro di forti polemiche. Era un ammiratore della cultura europea, specialmente germanica, grande estimatore di personaggi quali Wagner e Nietzsche. Criticò apertamente il New Deal di Roosevelt, appoggiò la Germania nella Prima Guerra Mondiale e si oppose all'entrata in guerra degli Stati Uniti. Fante, invece, per quanto volesse concordare con gli ideali di Mencken, rimaneva una persona di umili origini, semplice e onesta, come tutto ciò che ha scritto. Infatti alcune sue posizioni divergevano da quelle di Mencken. Di origini cattoliche, Fante fu un praticante poco ortodosso, ma ad un certo punto si ricongiunse con la sua fede, come dice in una lettera in cui esprime anche il suo disappunto per il fascismo e per il comunismo (reputava ipocriti i comunisti americani): “Non mi sono bevuto il comunismo e non trovo granché nel fascismo. Ho quasi ventisei anni: mi sto riavvicinando al matrimonio e sto tornando al cattolicesimo. Agostino e Thomas More conoscevano le risposte molto tempo fa. Aristotele avrebbe sputato in faccia a Mussolini e si sarebbe preso gioco di Marx [...]” (J. Fante, lettera 55, 11 novembre 1936).
Grazie a questo epistolario è possibile ripercorrere le tappe principali dell'esordio letterario di Fante, fra ansie e disperazioni, sicurezze e insicurezze, confessioni e incomprensioni, da cui emerge la coscienza di uno scrittore di talento che raggiunge con fatica il suo obbiettivo – che purtroppo verrà riconosciuto tardivamente.
Mencken era consapevole del talento di Fante e del fatto che egli lo imitasse, perciò insisteva affinché trovasse una sua via, e non discusse mai le scelte personali dello scrittore. Alla lettera 55, infatti, Mencken rispose con un'affermazione che riassume il suo conservatorismo laico: “ Caro signor Fante: condivido senz'altro con lei i suoi sentimenti sui comunisti e fascisti, anche se temo di non poterla seguire fra le braccia della Santa Chiesa. Tutte le persone che propongono di migliorare la razza umana mi sembrano disoneste allo stesso modo. Non c'è dubbio che crei del progresso, ma quel progresso è dovuto molto meno a esortazioni che non alla semplice evoluzione [...]” (H.L. Mencken, lettera 56, 18 novembre 1936).

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