lunedì 14 ottobre 2013

Pulp chiude, siamo orfani


Ultimo numero. #104
La meraviglia è finita.
L'arido mercato ha posto la parola fine anche sulla rivista di letteratura Pulp, che ha pubblicato il suo ultimo numero il 30 luglio 2013. La mia meraviglia è da intendersi come stupore: all'uscita di ogni numero mi chiedevo, meravigliato (e grato), come facesse Pulp a sopravvivere.

Nonostante il titolo, era una una rivista bimestrale indipendente italiana,  nata nel 1996, interamente dedicata alla letteratura, con sporadiche apparizioni di cinema e musica.
La reputavo “rivista italiana di letteratura” per antonomasia, e anche l'unica valida, quindi per me la sua chiusura lascia vacante un importante ruolo: quello, appunto, di rivista italiana autorevole di letteratura.
La linea editoriale di Pulp ha sfidato l'evoluzione digitale, sociale e commerciale dei mezzi scritti di informazione e intrattenimento, e ha perso.
Scarna e tradizionale nella forma, non ha mai avuto una versione digitale, né tanto meno un sito di riferimento o una pagina ufficiale nei social network. Le uniche informazioni reperibili nella rete si trovavano in siti e forum sui libri (tra cui Anobii), e qualche citazione in alcuni blog poco conosciuti (sì, è un auto-citazione).
L'unico luogo sicuro in cui trovare Pulp era l'edicola (e neanche sempre). Era l'esempio di una filosofia che ad oggi vale molto nella teoria, ma poco nella pratica: prima la sostanza, poi la forma.

#96
Comprai la rivista la prima volta nel 2010, e dal gennaio 2011 la seguii regolarmente. Appena presa, la parte più bella era leggere in copertina i nomi di scrittori conosciuti e sconosciuti, e vedere la foto di copertina di uno scrittore/scrittrice, anch'esso conosciuto/sconosciuto. Dal primo numero che comprai, la struttura è rimasta pressoché invariata: un'ottantina di pagine che comprendevano interviste e saggi brevi di quattro-cinque pagine ciascuno (con foto), la rubrica Letture (circa trenta pagine di recensioni delle ultime uscite), la rubrica La teppa di Gutenberg (recensioni di testi pubblicati da piccolissime case editrici), e la rubrica aggiuntasi negli ultimi numeri, Babylonia (recensioni di libri per ragazzi).

Usando un paradosso, la prima cosa che saltava all'occhio erano i contenuti. La qualità degli articoli era garantita, il linguaggio si poneva su un registro intermedio tra l'accademico e il giornalistico, che accontentava studiosi del settore e profani (lo so perché in alcuni casi io mi ritrovavo ad essere entrambe le cose). Pulp valorizzava molto di ciò che veniva tralasciato da quotidiani e riviste più diffusi, e non per una banale presa di posizione, bensì per una banale questione di criterio. Quotidiani e supplementi seguono un'agenda serrata e una selezione dettata per lo più dal mercato e dalla popolarità. Pulp, essendo indipendente, seguiva il criterio della qualità letteraria. Certo, capitava che i criteri potessero coincidere. Infatti molto materiale riguardava scrittori contemporanei, pubblicazioni contemporanee, ma anche nuove ristampe e nuove traduzioni, quindi legate al mercato editoriale attuale. In più dava loro la giusta voce, lo spazio meritato, sempre in nome della qualità. Questo permetteva a Pulp di essere equilibrata nelle scelte: trattava tanto di autori stranieri quanto di italiani, di “passati” quanto di contemporanei, di case editrici dominanti quanto di sconosciute, di generi popolari quanto di generi di nicchia.
#97
Faceva rivivere scrittori del passato (anche nelle copertine), approfittando di una nuova traduzione o di una nuova ristampa per ripercorrerne la carriera letteraria e non solo. Fra i nomi ci sono Sciascia, Huxley, Dumas, Dostoevskij, ma anche nomi meno popolari come Federigo Tozzi, Robert Sheckley, Juan Carlos Onetti, Lawrence Durrell, China Mieville. Ma prendeva in considerazione anche tante nuove leve italiane: lessi di giovani scrittori come Marco Rossari e Vincenzo Latronico su Pulp, prima di vedere le loro firme sulle pagine culturali del Corrieredella Sera o sul magazine ILmaschile del Sole24Ore.

Anche la scelta della pubblicità era dettata dal criterio della qualità letteraria, con la proposta di nuove uscite per due case editrici indipendenti, come del resto lo è la casa editrice della rivista (Edizioni Apache). Le uniche pubblicità erano, in seconda di copertina, della casa editrice Agenzia X, e in quarta di copertina, della casa editrice Effigie
#101

Oltre ad arricchire culturalmente, era uno stimolo ad arricchirsi ancora di più. Ogni due mesi ero invaso dal timore che se avessi comprato Pulp avrei dovuto resistere a non voler leggere tutti i libri che trovavo interessanti nella rivista. Adesso non avrò più quel timore, purtroppo.


Qua e qua l'annuncio della chiusura e le testimonianze di due collaboratori.

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