giovedì 20 marzo 2014

Bizzarria dello spazio

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Di Gravity è meglio non parlare della trama, perché è talmente semplice che si rischia di dire troppo: doveva essere un'ordinaria missione nello spazio...
Dirò invece che la regia è spettacolare sia per gli effetti speciali (a un certo punto ti chiedi se non abbiano davvero girato nello spazio), sia per la scelta delle riprese. Il film lascia col fiato sospeso perché è praticamente solo azione, pochi i personaggi con cui dialogare.
Gravity riesce nell'intento di trasmettere cosa voglia dire fare un'esperienza nello spazio.
Fuori dalla percezione del tempo, perché non c'è fuso orario, e perché la luce dipende dalla tua angolazione rispetto al sole, non da quella della terra. Fuori dalla percezione dello spazio, perché in orbita ti trovi sull'orlo del cosmo, dell'infinito, o del nulla (dell'oblio fisico, punti di vista). Fuori, quindi, da ogni percezione terrestre a cui siamo abituati.
Il tempo sembra essere dilatato, e lo spazio ancora di più. Con l'assenza di gravità ogni minimo movimento si svolge con il doppio della lentezza, come sott'acqua. Anche le leggi fisiche sono completamente stravolte. Ciò richiede una forte tempra psicologica, perché dobbiamo adattarci a quelle dinamiche e a quella tempistica: andare a recuperare un bullone nello spazio non è come raccoglierlo da terra sul nostro pianeta, non ha la stessa immediatezza.
Essere nello spazio comporta un grosso rischio per la propria vita, ogni fatalità ha il 90% di probabilità di farti morire (la percentuale è inventata e indicativa) . Eppure nello spazio sei alieno al pianeta terra e il paradosso è che potresti decidere di non tornarci più, se pensi a tutte le rogne che ci puoi trovare dentro. Quando sei in aereo e dal finestrino vedi una o più città, da quell'altezza ti sembra di possederle; dallo spazio puoi osservare l'intero pianeta dall'esterno: non è un'esperienza leggera. Per un certo periodo di tempo non fai parte di questo pianeta.
Quando devi affrontare un problema nello spazio hai pochi vantaggi: sei in balia dell'assenza di gravità, sei uno dei tanti corpi che ruotano, non hai nessun tipo di aiuto fisico immediato, puoi solo comunicare con le stazioni spaziali o terrestri, segnalare la tua posizione ed elencare tutte le azioni che stai compiendo. Se qualcosa va storto finisci per vagare in moto rotatorio nell'infinito dello spazio con la probabilità che il tuo corpo non venga mai più ritrovato.
Affrontare problemi nello spazio rende infimi anche quelli più grossi sulla terra, soprattutto se devi salvarti la vita. Ma quest'affermazione vale solo nella prospettiva di chi sta nello spazio. Perché, non appena tornato sulla terra, ogni pericolo e ogni problema riprendono il loro peso. La percezione dei pericoli e dei problemi è proporzionale all'ambiente in cui ci si trova, anche all'interno dello stesso pianeta: un grosso problema in una città del mondo può non sussistere minimamente in un'altra.
Invece questo discorso sembra non sussistere per Sandra Bullock, che nel film interpreta Ryan Stone, un ingegnere biomedico statunitense alla sua prima missione nello spazio.


P.S.
Non c'è nessuna nave spaziale aliena, né alcun nemico malvagio nascosto, solo pericoli reali.
Il film era candidato a 10 premi Oscar e ne ha vinti 7: miglior regia, fotografia, montaggio, colonna sonora, effetti speciali, sonoro, montaggio sonoro.
Il film mi ha ricordato le sensazioni suscitate dal testo di questa canzone.


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