lunedì 14 aprile 2014

Cronache dalla laguna (note su Tunisi) pt.1

A discapito della canzone del maestro Franco Battiato: la mia è stata una vacanza primaverile, e non ho alloggiato in albergo. I temporali erano tali da farci ugualmente uscire, e non ho fumato sigarette turche. Ma, in compenso, spero anch'io che ritorni presto l'era del cinghiale bianco.

Check-in

Tunisi è bagnata al nostro arrivo. Le nuvole formano un'enorme cappa di umidità che ricopre la città. Sono in compagnia di un amico italiano, studente dell'Istituto Bourguiba delle Lingue Viventi. Lui ha già vissuto a Tunisi per quasi sei mesi, mi ha risparmiato un sacco di fatiche. A causa di carnagione e piumaggio bruno, dei baffetti e del suo accento ancora incerto, spesse volte gli ignari tunisini gli chiedevano se fosse turco. Da adesso in poi mi riferirò a lui con l'epiteto di “il turco”.
Appena fuori dall'aeroporto, un tassista chiede venti dinari per portarci in centro (1 dinaro tunisino = 0,458 euro), tariffa che, se fossi stato da solo, avrei accettato. Il turco invece lo manda a quel paese e passiamo al tassista successivo, con cui contrattiamo dieci dinari (n.b.: l'ultimo giorno dal centro all'aeroporto pagherò quattro dinari). Saliamo sul taxi e io cerco la cintura di sicurezza, che non c'è, allora ripiego sulla maniglia sopra il finestrino: manca anche quella. Neanche il tassista ha la cintura di sicurezza. Mi basterà un solo giorno per scoprire che taxi e tassisti del genere non sono l'eccezione, ma la regola.

bandierine in av. Habib Bourguiba (tutte le foto di E.M.)

Tunisi dall'alto, sulla mappa, mi ricorda vagamente Cagliari, entrambe città sul mare con tre grossi stagni vicini alla costa. Bisogna fare le dovute proporzioni, però, contando che la superficie di Tunisi è estesa più del doppio rispetto a quella di Cagliari, le strade urbane sono più ampie di via Dante e quelle extra-urbane hanno cinque corsie per lato, dove i tassisti sfrecciano alla velocità costante di 100-120 km/h, col traffico.
Correre in macchina, guardando la superficie della laguna e la costa opposta, aveva qualcosa di familiare, se non fosse stato per la musica che usciva dalla radio, gli odori che entravano dal finestrino e gli occhi piccoli del tassista, la carnagione fortemente olivastra, la pelle dura e levigata. Per ogni familiarità che riscontravo, Tunisi offriva altrettante diversità da affrontare, completamente nuove e affascinanti per me.

In città come Tunisi lo spirito di adattamento, la prontezza di riflessi e l'uso dell'ingegno sono più che consigliate, soprattutto nella vita quotidiana. Il rispetto della regolamentazione dei servizi, infatti, è ridotto al minimo. Per chi è abituato a viaggiare nelle grandi città europee, in cui servizi ed esigenze primari sono a portata del visitatore, ed è abituato a comunicare con la lingua inglese, sarà interessante scoprire che l'inglese serve a poco e niente, e i servizi non vanno incontro al visitatore, è il visitatore che se li deve cercare.

Al primo impatto la città è sporca e caotica. L'elevato tasso di umidità esalta odori densi e penetranti, che sono inevitabili al passaggio delle strade del centro: fogna, aglio, caramello, spezie, urina, fumo della shisha (o narghilé, di cui quasi tutti i bar sono forniti; i tabacchi più diffusi sono aromatizzati alla mela o alla menta). La notte prevale un odore dolciastro e pregnante. Ai bordi delle strade è facile trovare canaletti d'acqua stagnante, e ogni venti metri, al bordo del marciapiede, o ammassati nei vicoli, si trovano mucchi di buste della spazzatura. La città brulica di gatti, che dominano incontrastati sulla fauna urbana. E, secondo la catena alimentare ben esplicata dalla canzone Alla fiera dell'est di Angelo Branduardi, è chiaro il motivo per cui non ci fossero topi in circolazione. La quasi assenza dei cani, invece, è da ricondurre alla religione: l'islam, infatti, considera il cane un animale impuro, utile per la guardia e la caccia, ma non per la compagnia domestica. Ci sono pochi cassonetti in giro, ed è capitato che i netturbini scioperassero.
Una delle frasi più ricorrenti, quando si accenna ai disagi urbani, è “prima della rivoluzione non era così”. Una frase ambigua, che lascia trapelare pareri contrastanti. Prima della rivoluzione, la cosiddetta “Primavera araba” (partita proprio dalla Tunisia), il primo ministro della Tunisia era Zine El-Abidine BenAlì, conservatore, e considerato dispotico da gran parte della popolazione. Ma è ormai luogo comune che i regimi dispotici fanno “arrivare i treni in orario”, garantendo quindi un certo ordine. Allo stesso tempo la libertà di espressione era più sorvegliata, e di conseguenza anche i diritti e i doveri dei cittadini. Ed è a questa stretta e spesso violenta sorveglianza che i rivoluzionari si sono opposti. Adesso, con il nuovo primo ministro democratico Moncef Marzouki e la nuova Costituzione, la Tunisia è un banco di prova. Il processo di riorganizzazione della nazione e conciliazione delle parti sociali è ancora lungo e, ora come ora, i tunisini si autogestiscono a modo proprio.

Avenue de La Liberté

scorcio av. de la Liberté
Alloggiavo nell'appartamento del turco in avenue de La Liberté, una via principale del quartiere LaFayette, il quartiere ebraico, situato nel centro europeo vicino alla laguna (che si trova ad est), fra lo zoo di Tunisi (nord-ovest) e la Medina (sud-ovest). Di ebraico c'è solo una sinagoga di discrete dimensioni, fra un edificio e l'altro, la cui entrata principale è circondata da filo spinato e sorvegliata da guardie armate ventiquattr'ore su ventiquattro. In sette giorni non ho mai visto nessuno entrare o uscire. Si dice infatti che gli ebrei (se ce ne sono) passano dalle porte secondarie, nei vicoli meno affollati. Neanche cento metri più avanti si trova la moschea Al-Fateh.
Percorrendo av. de La Liberté ci si imbatte in molte bancarelle di varia mercanzia, da quella più tradizionale a quella più tecnologica. Queste due tipologie di merci, spesso accostate nella stessa bancarella, mostrano contrasti esilaranti. Accanto ad un'ampia esposizione di Corani e libri religiosi, si trovano anche prodotti proteici per body-builder, le cui scatole raffigurano busti di culturisti intenti a tendere bicipiti o pettorali scolpiti. Fra le altre chincaglierie si trovano profumi solidi e liquidi di tutti i gusti e tutte le forme, e anche tante jubba (la tunica tunisina) di varie tonalità e decorazioni. Si sprecano le bancarelle di telefoni cellulari.
Le bancarelle continuano fino e oltre Le Passage, punto nevralgico del traffico in cui s'incrociano quattro strade, tagliate in diagonale dai binari della metro in superficie. Non mancano abbigliamento e calzature, ma per un'ampia scelta è meglio farsi un giro al suq (o souk, mercato popolare). Non bisogna dimenticare che esistono anche i negozi tradizionali, dietro le vetrine, dai più comuni ai più costosi, ma la quantità di bancarelle fa capire quanto sia tangibile la povertà di gran parte della popolazione. Sui marciapiedi stanno appostati in gran numero gli sciuscià (termine dialettale napoletano che indica i lustra-scarpe, nonché omonimo film di Vittorio De Sica, 1946), con il cavalletto poggiapiedi in legno, la tavolozza di lucidi per scarpe, straccetti e spazzole. Ci sono anche i “pesatori”, che stanno all'angolo del marciapiede ed espongono una bilancia per i passanti che si vogliono pesare (analogica 100 millime di dinaro, digitale 200 o più) lascito dell'antica usanza persiana della pesata del re. Secondo la tradizione, il giorno del suo compleanno il re si pesava e dava ai sudditi l'equivalente del suo peso in oro, affinché essi pregassero per la sua salute e prosperità. La notte, ai senzatetto è permesso dormire nel porticato della moschea Al-Fateh, ma non c'è posto per tutti. Qualcuno dorme sul marciapiede, sopra una scatola di cartone appiattita, avvolto in un plaid.

Traffico

av. de France, scuola coranica
Le strade urbane sono una giungla. La segnaletica orizzontale è meramente arbitraria, molti semafori della zona non funzionano, e dei pochi che funzionano, il rosso non fa paura a nessuno (pedoni e automobilisti). Come a seguire un principio eracliteo, il traffico scorre se tutti scorrono, senza ordini preimpostati. La logica è molto semplice: se tutti guidano con attenzione e senza fermarsi, e al massimo rallentano, la strada è libera per tutti. Il pedone deve semplicemente cogliere l'attimo e sgombrare la strada il più velocemente possibile. Se si prova ad indugiare in mezzo alla strada, la macchina si fermerà solo quando la targa anteriore avrà toccato il vostro polpaccio. Lo stesso principio di scorrimento vale anche per la metro in superficie, che mantiene un'andatura controllata. Agli incroci dei binari con le strade non ci sono semafori, e le macchine seguono sempre una logica banalmente semplice: niente metro, si passa; arriva la metro, ci si ferma. Solo che l'arrivo è relativo: ho visto macchine passare un secondo prima che la metro tagliasse la strada. Inoltre la metro è gratis per i ragazzini, che si appendono all'estremità dell'ultimo vagone (pratica inattuabile con i nuovi vagoni dalle forme arrotondate, ancora in minoranza). Ho visto anche i bus gialli, ma solo poche linee, spesso zeppi di persone. Noi non abbiamo mai preso la metro, né il bus: il taxi fortunatamente è molto economico rispetto ad altri paesi. Ma, date le nostre esigenze, dentro la città ci si muoveva agevolmente a piedi (anche se a volte i piedi chiedevano pietà), e il taxi lo si usava per dirigersi verso località costiere.

Nessun commento: