“La lingua francese usata nella
scrittura ci “consegna” all'altro, ma ce ne difenderemo tramite
l'arabesco, la sovversione, il dedalo, il labirinto, il costante
decentramento della frase e del linguaggio, in modo tale che l'altro
si perda come nei vicoli della casba”.
(Abdelwahab Maddeb, scrittore tunisino contemporaneo)
Frase tratta da un saggio* in cui lo scrittore tunisino legittima
l'uso della lingua francese da parte degli scrittori maghrebini. Questa,
infatti, si rivela un'arma a doppio taglio, in quanto
strumento di riscatto dalle due culture. Maddeb sceglie di usare la lingua degli ex-colonizzatori francesi per parlare di una cultura “altra”
(creando estraneità e decentramento rispetto alla
Francia), e allo stesso tempo per parlare di tabù che la lingua
araba renderebbe meno eclatanti e circoscritti ai paesi arabi.
tetti della Medina |
Medina
Av. Habib Bourguiba è la strada del
centro europeo per eccellenza, dato che qua si trovano la Cattedrale
cattolica Saint Vincent de Paul, il teatro (costruito dai francesi), e l'ambasciata francese (quest'ultima protetta da filo spinato e qualche unità militare con la camionetta). Da qua si attraversa av. de France, poi piazza della Vittoria, con la porta Bab El Bahar, e si arriva alla Medina (la città antica), una particolare tipologia di centro storico. Infatti, mentre nei centri storici europei i prezzi delle case hanno un alto valore, e le abitazioni sono ambite da chi ha grosse disponibilità pecuniarie, nella Medina le case antiche hanno prezzi bassi di affitto, e sono abitate per lo più dai tunisini. Questo perché orientarsi fra i vicoli labirintici della Medina può essere
cattolica Saint Vincent de Paul, il teatro (costruito dai francesi), e l'ambasciata francese (quest'ultima protetta da filo spinato e qualche unità militare con la camionetta). Da qua si attraversa av. de France, poi piazza della Vittoria, con la porta Bab El Bahar, e si arriva alla Medina (la città antica), una particolare tipologia di centro storico. Infatti, mentre nei centri storici europei i prezzi delle case hanno un alto valore, e le abitazioni sono ambite da chi ha grosse disponibilità pecuniarie, nella Medina le case antiche hanno prezzi bassi di affitto, e sono abitate per lo più dai tunisini. Questo perché orientarsi fra i vicoli labirintici della Medina può essere
porta Bab el Bahar |
Due di queste viette, quasi
perpendicolari fra loro, sono l'una il suq per
residenti, in cui si vendono merci di tutti i tipi, di quotidiana
utilità (dal vestiario alle lampadine, dalle lenzuola ai quaderni di
Hello Kitty); l'altra il suq
per turisti, dove si vendono souvenir, in un susseguirsi di
bancarelle molto simili
fra loro, con diverse serie che si ripetono (vestiti-gioielli-oggetti
di vario tipo; vestiti-gioielli-oggetti di vario tipo), e
qualche variazione (vasellame-antiquariato-ceste).
Insieme
al
turco
e ad
altri studenti del Bourguiba abbiamo percorso tutto il suq
turistico, arrivando a quello che arbitrariamente potremmo definire
il centro della Medina, ai piedi della moschea
Al-Zaytuna.
Un uomo anziano seduto sulle scale ci fece
cenno di salire. In cima alle scale trovammo
un banchetto gestito da due musulmani, con sopra opuscoli sulla fede
islamica. Ci chiesero se fossimo interessati all'acquisto, e ci
dissero che per proseguire
sarebbe servita una guida.
Dopo aver capito che la visita era vincolata dalla loro guida,
declinammo l'invito e tornammo fuori, sulle scale della moschea. Lo
stesso anziano che ci aveva
fatto cenno di entrare si avvicinò, e ci chiese se fossimo
interessati a visitare una terrazza da
cui si sarebbero
viste
dieci moschee. Giurò che ci
avrebbe condotto lì, perché
sapeva che le guide della
moschea sarebbero
costate molto,
mentre
il suo compenso sarebbe stato ad offerta. Iniziammo quindi a discutere
fra di noi, perché il turco
assicurava
di essere stato già su quella terrazza (però
non avrebbe saputo arrivarci da solo),
ma c'era
chi preferiva
esplorare
per conto proprio, senza legarsi a guide di fortuna. Dopo un breve
tira e molla, ci lasciammo condurre fra i cunicoli della Medina, che si presentò
come un labirinto. Attraversammo
stradine non turistiche, sporche e vuote, o con qualche autoctono
seduto per terra. Una svolta a destra e una a sinistra non facevano
differenza, perché sembrava
di trovarsi sempre nella stessa posizione. Infine arrivammo
ad una casa in cui, al piano terra, decorato con arazzi e tappeti
alle pareti, in penombra
c'erano
quattro anziani che guardavano
la televisione. Li salutammo,
salam aleikum,
e loro
ci scrutarono
e risponderono
con
un cenno del capo. Al primo
piano si intravedeva
un corridoio e delle stanze,
e in una parete c'era
una foto. La nostra guida la indicò,
dicendo che quella casa è stata la residenza di un Bey turco. Lungo
le scale per salire al secondo piano c'erano
due o tre macchine da scrivere sgangherate, e al secondo piano altri
oggetti d'antiquaria, tra cui un grammofono impolverato. C'era
un letto matrimoniale di vecchia fattura, con drappi arabescanti che
lo coprivano
dall'alto. Da lì fu immediato il richiamo alla Tangeri di Burroughs
e Bowles.
Arrivammo
finalmente alla terrazza, tutta decorata con piastrelle colorate
(tonalità
sul giallo, verde, blu e rosso). La terrazza era
su più livelli, divisi da caratteristici archetti. Sul pavimento
c'era
un pozzetto, si intravedeva
un bagno. Ma lo spettacolo più grande era
la vista a 360° della città. Le terrazze accanto erano
anch'esse colorate e decorate, e tutt'intorno i tetti bianchi della
Medina (con le
antenne paraboliche). Ma la vista andava
ben oltre la Medina, passando
per il centro europeo, da cui sbucavano
gli alberghi, e arrivava
fino alla laguna (verso nord) e le colline (nord-est e nord-ovest).
La guida ci indicò
le torri delle dieci moschee, di cui una era
turca.
Passati
circa una decina di minuti,
la guida fece pressione per scendere, e
dopo averla pagata ci
ricondusse ai vicoli, dove la seguimmo fino alle stradine affollate.
Non facemmo in tempo a dire grazie che, dopo una svolta a
sinistra, si volatilizzò,
sparita.
vista dalla terrazza |
Fuori Medina
avenue Bab Jedid |
Riuscimmo a dare
una sbirciatina alla periferia di Tunisi.
Percorremmo
il suq per residenti
per centinaia di metri, interrotto
da una piazza del mercato di frutta e verdura. Nella piazza c'era una
moschea, e dagli altoparlanti rimbombava la voce del muezzin
(colui che richiama alla
preghiera, cinque volte al giorno), ma nessuno sembrava badargli.
Proseguimmo oltre la piazza, nel suq
degli alimentari, in cui l'odore di interiora di animale impregnava
l'aria, dato che queste (insieme alle teste di capre appena tagliate)
erano esposte nelle bancarelle. Dopo
un altro bel pezzo di mercato usciamo in una zona completamente
diversa dal centro (diversa sia da quello occidentale che dalla
Medina). Nessun turista, un uomo carica la spesa sul pick-up, quattro
ragazze con l'hijab (velo
che lascia scoperto tutto il viso) camminano a braccetto, i
ragazzi bevono thé
al bar e guardano la partita, facce
stupite e divertite che non si aspettano visitatori. Non era ancora
propriamente periferia, ma stavamo
uscendo
dal centro in direzione sud.
Anche l'architettura era cambiata. Gli
edifici non erano europei, ma neanche antichi e compatti come nella
Medina.
In
tutti i capoluoghi, e
nelle città di una certa
rilevanza, si possono riscontrare (in modi differenti) queste
diversità. Il centro storico è sempre diverso dalle zone – più o
meno stratificate – che si dipartono in senso centrifugo. Più ci
si allontana dal centro, e più i passaggi del tempo sono meno
visibili. Il centro (non a caso viene chiamato “storico”) è la
zona che registra tutti i cambiamenti
che si susseguono nel tempo, anche di breve durata, conservando
dall'edificio più antico a quello più moderno, dalle botteghe
artigianali agli uffici di marketing più all'avanguardia.
Dalle mura più antiche all'opera d'arte contemporanea. Il
centro è, inoltre, la zona che favorisce il melting pot,
dove si trova il maggior numero
di etnie.
Il
centro è in continuo movimento, la periferia è statica. Il centro
fermenta, la periferia sedimenta.
Per
conoscere la storia di una città, e capirne la popolazione, il
centro mostra
i risultati migliori; ma per viverne
un tipo di
realtà autentica, è meglio dare uno sguardo alla periferia.
Bourguiba
ingresso Istituto Bourguiba |
L'Institut
Bourguiba des Langues
Vivantes è un edificio a quattro piani su
av. de La Liberté, visibile dalla finestra del nostro alloggio. Il
suo nome è in onore di Habib Burguiba, colui che fondò la Tunisia
moderna, divenendo (alla fine degli anni '50) presidente del governo
indipendente della Tunisia. Il suo nome lo si ritrova di frequente
nella città.
L'Istituto
Bourguiba gode di un certo prestigio a livello internazionale, poiché
insegna l'arabo agli stranieri (o anche ai tunisini, che parlano
prevalentemente dialetto tunisino), e le lingue straniere agli arabi.
Gli studenti stranieri del Bourguiba provengono da tutto il mondo, e
attualmente le comunità più numerose di studenti sono 1) coreani 2)
italiani. Gli altri studenti provengono da paesi europei (Spagna,
Francia, Gran Bretagna, Belgio, Olanda), o da altre regioni orientali
(Cina, Taiwan). Le nazionalità di provenienza sono disparate tanto
quanto le ragioni che spingono le persone a iscriversi. C'è chi è
attratto dalla lingua e dalla cultura araba, e spesso si tratta di
studenti che vengono per conto della Ca' Foscari di Venezia,
università di lingue e letterature straniere; c'è chi vuole avere
la lingua araba nel curriculum, ed è in cerca di un posto nel
settore delle relazioni internazionali; chi ha già o ha intenzione
di aprire un'attività nel Maghreb, come uno studio di avvocatura.
Gli orientali vengono spesso per conto di grandi aziende che
intendono investire nei paesi arabi. Non tutti, però, hanno le idee
chiare e, come capita spesso nei percorsi lunghi di studio, bisogna
trovare il modo di intrattenersi, temporeggiare, con un lavoro
part-time come cantante in un locale, tre volte a settimana.
Parte 1 Parte 3
Parte 1 Parte 3
*(Marina Guglielmi, La traduzione letteraria,
p.173 in Letteratura comparata,
a cura di Armando Gnisci, Bruno Mondadori, Milano, 2002)
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